Lunedì 22 marzo, c’è stato il quinto appuntamento della Scuola di Mobilitazione Politica con Mattia Santori e Andrea Gareffa, di 6000 Sardine, moderati da Angelica Villa con interventi di Andrea Morniroli e Roberta Franceschinelli.
Titolo: Dalle piazze alle tv: trucchi e trappole di una mobilitazione
Di seguito il video della lezione, montato da Alberto Catania, e un report, realizzato da Emanuele Pastorino, entrambe partecipanti della scuola, che ringraziamo per l’attivismo e il supporto
ANGELICA VILLA (co-fondatrice di TiCandido)→ Stasera torniamo in Italia, dopo essere passati dal Regno Unito e della Spagna, e parleremo delle Sardine insieme a due dei loro fondatori: Mattia Santori e Andrea Garreffa.
Con loro discuteranno anche Andrea Morniroli e Roberta Franceschinelli: dopo questo momento e dopo le domande, ci divideremo in gruppi e ne discuteremo grazie al lavoro di facilitatori e facilitatrici.
L’esempio delle Sardine è noto: stasera ne vorrei parlare con gli occhiali della Scuola, alla ricerca degli spunti e degli aspetti pratici che possiamo trarne a partire da alcuni framework teorici che abbiamo affrontato con la Scuola.
Mi sembra chiaro che un elemento chiaro di questa mobilitazione sia l’individuazione di un nemico tangibile, Salvini e la Lega in Emilia Romagna.
Il secondo elemento che vorrei condividere è la caratterizzazione di questa mobilitazione come fortemente creativa e chiaramente nonviolenta: avete mostrato elementi e atmosfere di festa, non antagonista, adatto alle famiglie.
Il terzo elemento è la costruzione di un simbolo: ironico, malleabile, hackerabile.
Mettendo questi elementi sul piatto vi vorrei chiedere di partire dall’inizio, dal tavolo con la tovaglia a quadri attorno al quale i protagonisti di quel momento si ponevano il dilemma “mobilitarsi o non mobilitarsi”.
Qual è stata la spinta di quei giorni e come avete coinvolto tutti gli altri?
MATTIA SANTORI → buonasera a tutte e a tutti. E’ un piacere vedervi ed essere qua con voi: “mobilitazione” è una parola importante e difficile, adesso e in politica.
Partiamo dall’inizio: l’Emilia Romagna viveva un momento catartico, in cui tutti si aspettavano di vedere cosa sarebbe successo.
Salvini puntava a fare una campagna nazionale, ad un obiettivo che andava oltre l’Emilia Romagna. In questo, c’erano tre fasce di cittadini:
- quelli impegnati;
- quelli a cui non ne frega niente;
- quelli curiosi che aspettavano una chiamata.
L’idea delle Sardine nasce da un’analisi del territorio, del campo e narrativa della situazione: personalmente partecipavo da curioso, osservavo da lontano le campagne elettorali del PD e di Coraggiosa e continuavo a ragionare su come mettere assieme questi elementi.
Ogni tanto, nelle aree di combustione, si crea tanto gas ma manca la scintilla che fa scoppiare il fuoco: ad ottobre, in Emilia, era un po’ questa la situazione.
L’analisi dei fattori mi porta – ci porta (con Andrea, Giulia e Roberto) – a notare che a Bologna c’è sempre stata una mobilitazione antifascista e anti-salvinista: questa mobilitazione non si stava innescando, a 10 giorni dalla campagna elettorale.
Questa mancanza, che proveniva dal venir meno delle manifestazioni dei centri sociali, ci ha aperto una possibilità.
Il 14-15 novembre ci sarebbe stata l’apertura della campagna elettorale.
ANGELICA → vorrei che tu scendessi solo un attimo nel dettaglio: tu parli di elementi molto razionali (analisi dei fattori) ma tutto è partito anche da quattro persone che non frequentavano ambienti politici. Cosa vi ha fatto dire di poter creare un cambiamento?
MATTIA SANTORI → credevamo molto nella nostra idea: l’analisi razionale diceva che aprire uno spazio di aggregazione antitetico alla Lega e con connotati suoi avrebbe trovato riscontro nelle persone.
Da lì, si sono innescati una serie di fattori: il culo, in questo, ha avuto un ruolo.
Abbiamo creato una battaglia sui numeri: “portiamo in piazza 6000 persone”.
Da lì, si è elaborato il concetto: per farlo, abbiamo sondato i vari attori in campo. Abbiamo aperto canali di comunicazione con i Centri Sociali, proponendo loro di fare qualcosa di diverso rispetto alla solita mobilitazione; abbiamo chiesto anche al PD, ad altre liste, di attivarsi.
Abbiamo capito che questa cosa potesse avere una risonanza: le Sardine sono nate come evento Facebook. Fino al 14 novembre non esiste altro che un evento Facebook che si trasforma in evento fisico.
Devo fare un inciso: inizialmente abbiamo discusso sul “6000”. Ha senso mettere un numero così chiaro? Potevamo semplicemente dire “sardine contro Salvini” ma, invece, abbiamo scelto il numero: il numero ha caratterizzato la mobilitazione, significava la necessità di raggiungere una massa per contrastare un pericolo.
Questo è stato recepito da tutti e tutte: i giorni a ridosso dell’evento, da tutta Italia abbiamo visto il tifo per il raggiungimento dell’obiettivo. Questa situazione ha portato gli stessi Centri sociali ad offrirsi di darci una mano per riempire la piazza.
ANGELICA → non ce n’è stato bisogno ed è andata benissimo. L’effetto moltiplicatore, poi, è stato incredibile, trasportando la mobilitazione da locale a nazionale.
Nella newsletter abbiamo raccontato il vostro kit, gli strumenti che vi hanno aiutato: faresti una checklist imprescindibile per riempire una piazza, con errori ed elementi imprescindibili?
MATTIA SANTORI → separerei i due momenti: siamo passati dall’essere organizzatori di mobilitazioni di piazza a coordinatori di eventi di piazza.
Le Sardine sono nate nel momento in cui abbiamo iniziato a realizzare la prima sardina sul cartone: siamo andati a volantinare allo scopo di dare la dimostrazione della nostra esistenza, per spiegare alle persone che le Sardine sono un movimento reale, concreto.
ANGELICA → posso chiederti come reagiva la gente quando gli chiedevi di tagliarsi la sua sardina?
MATTIA SANTORI → la comunicazione, a volte, è molto semplice: il volantino diceva “sei Salvini o sei Sardina?”: il trade off era molto facile.
Da qui è nata la seconda fase: il venerdì dopo la piazza, abbiamo capito che qualcosa era andato molto bene. Noi eravamo pronti a replicare a Modena o Reggio Emilia, non eravamo pronti al fenomeno nazionale.
La domenica ci rendiamo conto di dover fare una scelta: o lasciar stare o assumerci la responsabilità di governare un movimento spontaneo a cui dare una forma, un minimo di controllo e un coordinamento.
Questa decisione l’abbiamo presa in una call in cui abbiamo litigato furiosamente: in quel momento abbiamo deciso di supportare e coordinare questo movimento in un momento in cui questi eventi nascevano dal nulla.
Abbiamo rintracciato questi organizzatori e dato loro un senso: ma Andrea può spiegarlo meglio di me.
ANDREA GARREFFA → buonasera a tutti e a tutte! Avrei varie cose da aggiungere a quello che ha detto Mattia: ci sono tante sfumature ma vado subito sul lato operativo.
Nel momento in cui la piazza iniziale ha generato quella grande onda, ci siamo trovati nella necessità di coordinare tutto quello che si stava sviluppando: uno dei motivi per cui ci trovammo a litigare, io e Mattia, era dato dalla percezione di quello che stava succedendo.
Coinvolgemmo molti nostri amici che – dalla prima piazza – si resero conto della potenza di fuoco delle Sardine: a quel punto, insieme a noi, abbiamo raccolto 8-9 persone a cui abbiamo passato le credenziali per la mail 6000sardine@gmail.com, diventato il collo di bottiglia di tutte le comunicazioni.
L’efficacia è stata la semplicità della comunicazione: una mail, una pagina Facebook. All’inizio ero io da solo a gestire tutta la mole di comunicazioni ed era ingestibile: ci siamo divisi in squadre e, alla ricezione di una domanda – “vorremmo fare anche noi un evento simile: che consigli ci date? -, ci siamo resi conto della necessità di costruire un Vademecum.
ANGELICA → che ha dei punti a cui non si può sfuggire.
ANDREA → esatto: era un documento molto dritto e pratico che andava a rispondere a domande a cui abbiamo dovuto rispondere anche noi stessi.
A tutte le domande su questo tema, abbiamo risposto con una risposta standard, questo documento e l’immagine delle Sardine. Senza gelosia per questo know-how.
Avevamo in mente, dopo il 14 novembre, una sola data: quella delle elezioni.
Abbiamo deciso, a quel punto, di dare tutti noi stessi in questa cosa: fino al 26 gennaio, non abbiamo fatto altro che caricare una molla, mandando in giro il vademecum e le mail finalizzate al risultato del 26 gennaio.
ANGELICA → possiamo dire che c’è stato un primo sforzo organizzativo – la piazza – cui è seguito un secondo livello – il coordinamento – cui segue il terzo: l’organizzarsi.
Come sta andando questa fase?
MATTIA → mentre la squadra cercava di organizzare quello che c’era, io cercavo di organizzare e di mettermi in contatto con le piazze, provando ad organizzare una micro-struttura. Il processo era:
- vuoi organizzare una piazza → scrivici
- organizzi la piazza secondo il Vademecum → entri nella chat nazionale.
C’era una selezione: erano tutti mobilitatori ma erano anche degli sconosciuti. Quella, però, era la prima selezione: il giorno dopo Roma – 14 dicembre – abbiamo fatto la riunione allo Spin Time.
Nel Vademecum, una delle risposte standard era alla domanda “quando uno vuole essere invitato a Roma, come fare a dirgli di no?”: eravamo assaliti da una serie di arrampicatori – anche positivi – che puntavano su di noi con molta forza.
Quello è stato il primo momento assembleare delle Sardine.
ANGELICA → bloccato dal lockdown.
MATTIA → in realtà no, eravamo ancora a dicembre: il 15 dicembre convochiamo queste persone e, dopo una grande festa, gli diciamo di organizzare eventi paralleli perché il nostro obiettivo era tornare in Emilia Romagna. Si formano gruppi di lavoro che propongono un’iniziativa da lì al febbraio successivo e la speranza era che questo incontro favorisse il radicamento territoriale.
Noi siamo tornati ad immergerci in Emilia, lanciando il crowdfunding; sono anche iniziate le faide interne: alcuni eventi si sono svolti, altri movimenti sono implosi.
Il 26 gennaio noi eravamo in linea con il nostro obiettivo ma il movimento nazionale andava governato più full time.
ANGELICA → su questo, sulla quarta fase delle Sardine, vorrei coinvolgere Roberta che so avere una domanda su questo rapporto tra la dimensione corporea e l’online.
ROBERTA FRANCESCHINELLI → grazie MAttia, grazie Andrea: vi chiederei di portare le vostre considerazioni più sull’oggi. Le Sardine, per come le abbiamo conosciute, erano un movimento che aveva bisogno della dimensione della strada, di quella corporea.
In questa pandemia, come state cambiando le modalità della vostra mobilitazione? Quanto quello che stiamo vivendo influenzerà il post della comunicazione politica e delle forme della mobilitazione?
MATTIA → io ho un’idea ma voglio sentire quella di Andrea prima
ANDREA → grazie Roberta per questa domanda: la trovo interessante per molti motivi. Mi vengono in mente due libri, in questo senso: il primo finii di leggerlo pochi giorni prima della piazza di novembre. E’ The Game, di Baricco: in The Game, Baricco descrive la realtà come parallela, sul mondo fisico e quello virtuale. Due binari che vanno di pari passo e che vanno parallelamente: oggi ci stiamo muovendo su uno dei due binari, le traversine sono rotte e ci manca il secondo binario.
Il secondo libro che sento di consigliarvi è La scomparsa dei riti di Byung-Chul Han: quello che abbiamo fatto è un rito collettivo o una somma di tanti riti che hanno consentito la presenza. Il fatto che tu abbia ancora i brividi è dato dal fatto che quella cosa che è successa è stata piena di senso (il pesce) e di significato.
In mancanza di svolgere riti collettivi, la mobilitazione si scontra con dei problemi molto seri nella sua efficacia: il pericolo più grande, in questa fase, è di abituarci o illuderci che la realtà virtuale possa essere completo. Non è così: saremmo come un treno che viaggia su un binario solo.
Non so se ho risposto ma adesso sentiamo Mattia.
MATTIA → no no sono d’accordo: fare mobilitazione è sempre difficile. Coordinare i fattori, capire il momento, comunicare ciò che vuoi fare: tutte queste cose rimarranno difficili. La pandemia aggiunge difficoltà ma si può fare lo stesso. In questi mesi, chi ha saputo riempire i vuoti – gli studenti che occupano le scuole; gli infermieri che dava un senso al suo corpo mostrando le piaghe delle protezioni personali. Anche la nostra occupazione del Nazareno era un vuoto politico riempito da dei corpi: chiaro è che ne bastino meno.
Difficili sono le modalità per avere delle grandi mobilitazioni e aggregazioni: noi stiamo già lavorando sul dopo.
L’unica cosa che bisogna fare in politica è avere accesso al dibattito: chiunque fa campagne ha bisogno di avere accesso al dibattito. Scalando questi elementi alle realtà più piccole, è evidente come non ti inviti nessuno nel dibattito: le nuove generazioni devono andarselo a prendere, il dibattito.
ANGELICA → riprendiamoci il diritto al dibattito. Su questo, vi lascio ad Andrea per andare nel senso dei contenuti di questo dibattito.
ANDREA MORNIROLI → buonasera a tutte e a tutti! Più che domande, le mie sono interrogativi per voi e per noi – del Forum: a causa vostra, ho litigato molto con la sinistra spocchiosa. Secondo me, grazie a voi in Emilia Romagna si è vinto facendo un’operazioen difficile.
Avete trovato la chiave per riavvicinare quei corpi alla politica, ad un livello orizzontale di emozione e paura cui la politica non parlava: avete dato la possibilità a chi sentiva questa necessità di riconoscersi in un luogo.
Il problema è come: il Forum – che è un microbo rispetto a questa roba qua – sta trovando uno spazio vuoto dove ricostruire queste relazioni.
Ci siamo arrivati dopo 3 anni di lavoro, robusti, ma senza quella chiave che avete trovato voi: scherzando con Fabrizio Barca, l’altra sera, ci chiedevamo “come si fa a tenere assieme pop e complessità?”
E, dall’altra parte, senza questa profondità si rischia di arrivare ma di non essere in grado di stare sul contesto, per sedimentare l’emozione che hai portato.
La mia seconda impressione è questa: a Napoli, abbiamo avuto un’esperienza simile. Dal documento di 13 persone, poco dopo migliaia di persone si trovano in piazza, sotto la pioggia, per dire #primalepersone: nel momento in cui abbiamo provato a condividere una robustezza, a trasformare una cosa contro in una cosa per, quella roba lì si è sgretolata.
Forse questa Scuola – visti i numeri, visto chi vi partecipa – può trovare la chiave tra pop e complessità?
Serve trovare un luogo stabile dove quelle emozioni trovino spazio nella politica: c’è ma solo in alcuni specifici che, finalmente, si stanno accorgendo di fare politica.
MATTIA → è questo il punto: il problema, in Italia, è che la politica – anche per un effetto negativo dei 5stelle – o è tutto barzelletta o è tutto establishment. Non esiste una via di mezzo: è vero che noi abbiamo legato quel legame.
Noi siamo andati al Nazareno per dire che finché non si trova il meccanismo per rendere la partecipazione attiva pratica politica, non esiste centro-sinistra né un modello politico di centrosinistra.
Questo è il punto: perché la gente si mobilita quando ha paura e si disinnesca quando c’è da costruire? Il nodo è la costruzione del senso dell’urgenza: questo scatena le mobilitazioni ma crea assuefazione. Ci siamo talmente bombardati di ingiustizie che ne siamo assuefatti.
Serve il pop: serve leggerezza. Quando lanciamo alcune sdrammatizzazioni, lo facciamo per allentare un po’, per restituire quella dinamica lì. Il campo del centrosinistra, purtroppo, non è abituato a questo: viene in soccorso la creatività.
Lo diceva anche Grillo, ai tempi: non esiste un movimento politico che non si fondi sull’arte e la cultura.
Sono convinto che, alla lunga, valga molto di più il lavoro del Forum rispetto alla mobilitazione delle Sardine.
Dopo il 26 gennaio, pensavamo di lasciar perdere: non è successo e, superata la mobilitazione dal basso, siamo diventati etichetta e non processo sociale.
Finché non si cambia il modo di intersecarsi tra realtà dal basso, finché questa coalizione non verrà ascoltata e coinvolta della politica, non c’è alternativa alla mobilitazione fatta dal basso: per questo noi siamo andati dal PD, per chiedere questo riconoscimento.
ANGELICA → su questo mi inserisco con un po’ di domande arrivate dai ragazzi.
Le domande più votate, che si armonizzano con il discorso che state facendo:
A parte la vostra identità anti-salviniana, che cosa chiedono ora le Sardine?
Quale sarà il vostro obiettivo di lungo periodo?
L’obiettivo non potrebbe essere quello di diventare un gruppo di pressione, magari sostenendo chi nel PD è già spostato un po’ a sinistra?
MATTIA → in qualche modo ho già risposto: non è una risposta mediatica. Ci sono alcune cose che non passano perché non è una risposta univoca.
ANGELICA → ah ma qui siamo per la complessità.
MATTIA → sì sì ma mi accorgo che non passa: le Sardine non servono come gruppo a sé stante ma come ritorno alla politica come pratica quotidiana. L’obiettivo è far sì che le Sardine non ci siano più. Perché il PCI funzionava? Tutti dentro quell’organizzazione avevano un ruolo: credo che la pressione dal basso non basti. Credo servano rappresentanti nelle istituzioni come serve la pressione dal basso.
Il dramma, in questo momento, credo sia molto più forte dal basso che dall’alto: se l’unione del basso e dell’alto non funziona, è dato dal fatto che mille associazioni dal basso sono pronte a presentare mille proposte di PNRR piuttosto che fare una proposta unica.
Lentamente, questa tendenza si sta invertendo: noi vogliamo avere il più basso profilo possibile. In un mondo pieno di capitani, servono più gregari in questo momento.
ANDREA MORNIROLI → posso? A parte che Francesca Vici mi ha fatto ricordare che pop e profondità si ritrova nelle vecchie Feste dell’Unità.
Al di là di questo, anche io sono convinto che le responsabilità non siano solo dall’alto verso il basso: il basso, in questi anni, non ha colto i nessi.
Oggi, però, sono convinto che le cose che possono partire non partono dai partiti ma che la spinta che può partire debba partire dal basso: serve spingere in orizzontale per capire che c’è questa necessità.
ANGELICA → volevo lasciare un’ultima battuta all’altro Andrea.
ANDREA → Ci sarebbero una serie di cose da dire: questo invito ad introdurre il pop nelle pratiche orizzontali, nelle organizzazioni che si propongono di conciliare il pop e la complessità, è di grande attualità.
Pur sposando quello che dice Andrea Morniroli, bisogna evitare un rischio: quello della banalizzazione del proprio lavoro.
Bisogna essere, in qualche modo, divulgativi: questo è quello che in Italia manca. Serve rivolgere inviti, inviti che siano irresistibili: non ai mi piace. Noi abbiamo fatto una cosa semplice che ci è venuta bene per culo, per tempismo e per aver colto bene un’emozione: un insieme di ottimi ingredienti cucinati con i tempi giusti.
E’ un lavoro faticoso, quello di tenere assieme tanti ingredienti e farlo cn i tempi giusti.
Mi riallaccio alla tovaglia a quadri: tutto questo ha funzionato perché Mattia ha avuto un’intuizione. Me ne ha parlato e ho capito che risuonava anche in me, che qualche giorno prima piangevo leggendo il giornale.
Allora l’urgenza ad agire. Allora una sequenza di azioni che si sono rivelate efficaci e la volontà di rivolgere un invito pop e inclusivo.
Dire no a Salvini non per dire no a Salvini ma perché noi faremo una festa in piazza.
ANGELICA → va bene, ragazzi: grazie mille! AVremmo mille altre cose da dirci ma troveremo il modo per farlo.